Come l’AI ucciderà il giornalismo

“Ieri stavo guardando il riassunto delle notizie su Perplexity e ho visto che domani in tutti i supermercati regaleranno 50 euro.”

“Ma hai cliccato sulla notizia?”

“No, perché?”

“Perché era clickbait.”


Ok, alzo le mani, questa conversazione potrebbe essere reale ma non mi è capitata, ancora. Eppure potrebbe arrivare in un futuro più vicino di ciò che pensi. Perché? 

Perché gli LLM stanno uccidendo il giornalismo e la tua voglia di leggere anche solo la prima riga di un articolo oltre il titolo.

Non che andasse bene prima

Guardiamoci in faccia: chi pensa che il giornalismo stia vivendo il suo momento d’oro? Bene, non vedo mani in sala, di certo gli ultimi trent’anni hanno visto una crisi del modello d’informazione classico basato su carta stampata, radio e televisione. Molti potrebbero stappare la bottiglia per festeggiare la caduta di alcuni quotidiani che odiano ma, ti assicuro, c’è ben poco da stare allegri. 

Internet è stato il primo chiodo sulla bara del giornalismo tradizionale, con i suoi lati positivi e negativi. Se da una parte ha ampliato enormemente l’offerta di informazione, dall’altra, soprattutto negli ultimi quindici anni, è stato il principale veicolo di notizie false che arrivano dalle direzioni più disparate.

Guardiamo ai numeri: USA

Se in un primo momento Internet era visto come un altro mezzo, che spesso serviva a replicare l’esperienza cartacea del giornale, in fretta è diventato chiaro che la partita da giocare era molto più complessa. Nel corso degli anni i motori di ricerca hanno eroso i margini derivanti dalla pubblicità.

Negli USA si è passati in meno di vent’anni dai 49,4 miliardi di ricavi pubblicitari del 2005 ai 9,8 del 2022. Nello stesso arco di tempo a chiudere sono stati 2900 giornali, per lo più locali, tagliati fuori dalla grande competizione. Perché se è vero che la Rete può aiutarti nella diffusione è altrettanto corretto dire che lo fa solo se le dimensioni sono ragguardevoli.1

Questo non è solo un discorso economico ma anche e soprattutto legato ai meccanismi democratici. Se è vero che senz’altro c’è chi spesso opera in modo approssimativo e non professionale, è anche vero che esistono molte voci locali che contribuiscono ad animare il dibattito su temi importanti. Perdere queste voci significa ridurre l’accesso all’opinione e alla discussione necessari per la vita del Paese. 

Guardiamo ai numeri: Europa e Italia

Quando c’è da parlare di discese nel baratro noi siamo in testa con il sorriso stampato in faccia. Il giornalismo, purtroppo, prosegue su questa scia di declino del Paese che pare inarrestabile. Nel 1990 le copie giornaliere stampate erano 6.808.000, un picco dal quale si è poi solo calati. Le vendite nel 2024 si attestano su cifre vicine al 1.300.000. Certo, tu penserai che siano state traslate le perdite sul digitale. 

Ma c’è un plot twist che ti aspetta. Questi dati già calcolano le copie digitali vendute. Quindi il quadro è abbastanza desolante, non trovi?

Il declino è lungo e strutturale, come si può vedere anche in questo report dell’UE del 2017. I fattori sono molteplici ma è inutile far finta di niente: la Rete ha influito, oltre anche al calo di qualità dell’offerta, almeno in Italia. Il modello dei giornali cartacei gratuiti è collassato su sé stesso e molte di quelle testate, oggi, sono un lontano ricordo o hanno ridimensionato le uscite. 

Tranquilli, ci pensa Google

In questo clima sereno e festante era solo questione di tempo prima che gli squali fiutassero il sangue. E infatti gli LLM stanno dando la mazzata finale alla speranza di sopravvivenza di molte testate. Questo perché drenano le visualizzazioni, riducendo i ricavi pubblicitari, e prendono il contenuto delle notizie implementandolo nelle risposte. Per fortuna che Google ha pensato di salvare la situazione. Come? Dando dei soldi per tenerli aperti. Con ovvie ripercussioni sulla libertà di stampa.

David Buttle, fondatore della società di consulenza DJB Strategies, afferma che il servizio, legato anche agli accordi generali di ricerca degli editori, non fornisce il traffico di qualità di cui la maggior parte degli editori ha bisogno per portare avanti le proprie strategie a lungo termine. “Google Discover non ha alcuna importanza per Google dal punto di vista del prodotto”, afferma: “Consente a Google di convogliare più traffico verso gli editori man mano che il traffico proveniente dalla ricerca diminuisce… Gli editori non hanno altra scelta che accettare o perdere la loro ricerca organica. Inoltre, tende a premiare i contenuti di tipo clickbait. Va nella direzione opposta rispetto al tipo di rapporto che gli editori desiderano”.

Che fare?

Vorrei darti una via alternativa per fare in modo che questo corso degli eventi si inverta. Al momento non l’ho trovata. Forse si può sostenere il singolo giornale ma di certo noi non possiamo salvare tutti. Questo è un immane problema che mi preoccupa più di tanti altri. Di certo posso dirti di trovare qualche testata da sostenere, soprattutto d’inchiesta seria. Come ProPublica o Follow the Money

  1. https://www.forbes.com/sites/bradadgate/2023/11/21/this-year-the-loss-in-the-number-of-newspapers-published-accelerated/ ↩︎

Chi sono

Appassionato di tecnologia sin da bambino, la strada dell’informatica non faceva per me. Ho seguito il mondo dei videogiochi e dell’elettronica di consumo con passione per anni, anche con qualche progetto. All’università o studiato Comunicazione e mi sono tuffato nel marketing. Ho continuato a tenermi aggiornato sull’evoluzione della tecnologia. Con il passare degli anni ho iniziato ad allontanarmi da tutte quelle cose che oggi diamo per scontate per trovare alternative che proteggessero la privacy e la proprietà dei dati.

Alessandro Proietti

Digital marketing specialist